Cari amici,
mi trovo nella sede dell’Associazione Salam mentre ormai anche questa settimana volge al termine, un’altra settimana senza Rossella, Enric e Ainhoa. Questi tre ragazzi incarnano i rischi e le convinzioni di tutti coloro che nella vita scelgono di schierarsi dalla parte della barricata in cui vivono i costruttori di pace. Tre cooperanti che passavano il oro tempo nel deserto, al fianco di una popolazione che rispettavano, amavano e con la quale condividevano dolori e speranze. I dolori di chi da 35 anni vive nel deserto, dipendendo per larga parte dagli aiuti umanitari, in una condizione che lascia qualsiasi viaggiatore a bocca aperta. Le convinzioni di tutti coloro che credono che i Saharawi siano uno dei simboli dell’immobilismo delle Nazioni Unite, dell’ipocrisia degli Stati che mandano gli aiuti, e poi firmano accordi economici con il Marocco infischiandosene che quel partner commerciale sia lo stesso che occupa il Sahara Occidentale. Rossella e Enrich condividevano queste ferme condanne e spesso ci trovavamo a parlare di tutto questo, delle politiche internazionale, del diritto internazionale e dei nostri amici Saharawi chiusi tra l’incudine e il martello delle promesse e delle attese. E’ proprio in quelle case colme di parole e di ragionamenti profondi che si sono questo gruppo di Al-qaeda del Maghreb, si sono presi Rossella, Enrich e Ainoa. Tre ragazzi, tre cooperanti e tre compagni del Popolo Saharawi. Oggi, dopo 15 giorni ancora non si sa nulla di certo, solo lunghe attese, momenti infiniti in cui noi amici e colleghi ci fermiamo a pensare a quei ragazzi forti che una sera d’ottobre sono finiti nelle reti di gente che non sapeva chi erano e cosa facevano. Il rapimento ha cambiato la vita di tutti noi, ci ha gettati in un limbo d’attesa che in alcuni giorni diventa l’unica dimensione in cui si muove la nostra mente. Ma sono sicura, conoscendo bene i miei compagni, che loro vogliono da noi che continuiamo il lavoro meglio di prima, aspettandoli seduti davanti ai nostri computer mentre scriviamo l’ennesima lettera di sensibilizzazione sul Popolo Saharawi, un altro progetto per portare acqua ai campi, mentre prepariamo un’altra assemblea che racconti al mondo la verità sui Saharawi. Sono sicura che un giorno, mentre staremo raccontando in qualche assemblea la vita che si svolge a Smara, della scuola del “27 Febrero”, del cinema di Dakla, dei campi di Alayoun e Auserd…ci squillerà il cellulare e qualcuno dall’altro capo del mondo ci dirà che sono tornati, che sono di nuovo in mezzo ai nostri amici Saharawi e allora la nostra vita ricomincerà più forte di prima perché ci saranno di nuovo tre compagni al nostro fianco che lottano per l’indipendenza e l’autodeterminazione del POPOLO SAHARAWI.
Cari amici vi aspetto qui, dall’unica parte della barricata in cui sia degno di vivere!