Non molte persone sanno cosa vuol dire vivere in campi profughi, ne molti chiedono saperlo. Di solito si è indotti a pensare che un “campo profughi” sia qualche cosa di “temporaneo”, sia un passaggio “da”…”a”. Per molti popoli non è così, la condizione di rifugiato sembra essere diventata la loro “normalità”. Così da iniziali accampamenti di tende, si è passati alla costruzione di “case in mattoni”, segno della staticità di una situazione orami incancrenita. I Palestinesi e i Saharawi condividono questa triste sorte in quanto entrambi vittime di stati che hanno aggredito, ucciso e occupato i loro territori. Il 16 e 17 Settembre ricorre il triste anniversario delle uccisioni perpetuate sui rifugiati palestinesi in Libano.
Diceva Pertini in ritorno da Sabra e Shatila: “Io sono stato nel Libano. Ho visto i cimiteri di Sabra e Chatila. E’ una cosa che angoscia vedere questo cimitero dove sono sepolte le vittime di quell’orrendo massacro. Il responsabile dell’orrendo massacro è ancora al governo in Israele. E quasi va baldanzoso di questo massacro compiuto. E’ un responsabile cui dovrebbe essere dato il bando dalla società”
Da un testimone di quei giorni: “…all’inizio il massacro compiuto dai miliziani libanesi avviene nel silenzio, usando coltelli, accette,pugnali, sgozzando, decapitando, violentando i corpi vivi delle vittime. Paralizzata dalla paura la gente dei campi resta chiusa in casa, nascondendosi.
Dopo i primi spari, il massacro prosegue ancora più feroce. Nelle vie del campo, distrutto dagli esplosivi, si accumulano i corpi dei bambini sgozzati o impalati, aggrovigliati ai ventri delle madri. Teste e gambe e braccia tagliate con l’accetta, cadaveri fatti a pezzi. Corpi di donne impudicamente discinte per le ripetute violenze e poi decapitate. Uomini abbat
A capo dell’azione c’era Ariel Sharon, ma dietro di lui USA che sovvenzionavano e sovvenzionano Israele. File di uomini fucilati. Cumuli di cadaveri ammassati in discariche o in fosse comuni. Camion carichi di cadaveri e camion di uomini in procinto di divenire cadaveri. Il rastrellamento avvenne casa per casa affinchè nessuno possotesse sfuggire. Il tutto sotto l’occhio vigile dei soldati e ufficiali israeliani che dall’alto della terrazza dell’ambasciata del Kuwait seguono, con i binocoli, le violenze che i sionisti che occupano illegalmente il suolo Palestinese, perpetuavano sulla popolazione a cui appartiene quella terra. Sarebbe molto comodo delegare tutta la responsabilità ad un solo uomo, ma non è così. Sharon rappresentava l’esercito di uno stato che occupa e massacra quotidianamente i palestinesi, affiggendo e distruggendo la terra e le persone. Non può esserci che una condanna secca e forte verso tutti quegli stati in cui la violenza e la repressione inducono alla morte e alla sofferenza delle persone, di conseguenza noi condanniamo lo Stato Israeliano e la sua politica dìoccupazione e di pulizia etnica. I palestinesi e tutti noi attendiamo da 63 la fine dell’occupazione e non ci piegheremo mai nell’accettare che la terra di Palestina sia Israele e ne tanto meno che si possa dividere in due parti, in quanto noi aspiriamo ad una Palestina, unica e indivisibile.
Ribadendo che il nostro essere antisionisti si affianca al nostro essere antifascisti e, antirazzistici uniamo a tutti i popoli che lottano per la loro autodeterminazione e per il diritto al ritorno.